Quelli che vanno – AQUELES QUE VÃO

a cura di Riccardo Ferrucci
Ponte de Sor (Alentejo)
Portogallo
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Hassoun: la grande bellezza, un viaggio nel sogno
Il viaggio non finisce mai, solo i viaggiatori finiscono Josè Saramago
Quelli che vanno è il titolo della mostra di Ali Hassoun per il suo viaggio portoghese, ma tutta l’arte dell’artista libanese è incentrata sul tema del viaggio e della contaminazione, incontro di culture attraverso le sponde del mediterraneo tra Africa, Europa e Medioriente. In un certo modo è un fare artistico che procede per esplosione e maturazione di colori, volti e immagini di donna, opere d’arte vissute e citate, dal futurismo a De Chirico, dall’arte italiana del rinascimento alla pop art americana.
Suggerisce il critico Luca Beatrice : “Ali non è pittore neorealista e non manda messaggi sociali espliciti attraverso i suoi dipinti; preferisce far riflettere sulle cose dopo aver sedotto l’osservatore con la bellezza e la vivacità delle figure e delle situazioni.”. In realtà come ogni vero poeta Ali non si limita a ricostruire la realtà esistente, ma inventa un proprio mondo e lo rende magico e visionario, ricco di luci, colori e vita.
Nel film di Paolo Sorrentino La grande bellezza si assiste alla ricostruzione di un mondo contaminato, dissoluto e pieno di solitudini, ma ricco anche di suoni, amore, colori, arte e storia. Un identico procedimento creativo viene utilizzato da Hassoun che procede e ingloba nel suo far artistico il presente, l’arte contemporanea e quella del passato, le immagini e i vestiti tradizionali dell’Africa e dell’Oriente con segnali dell’oggi, simboli tecnologici.
Per lo scrittore Alessandro Baricco ognuno di noi ha bisogno di sogni per vivere ed è, in questa direzione, che si muove l’arte di Hassoun che inventa sogni e immagini sempre nuove per vivere, amare, immaginare un futuro diverso e luminoso. La segreta speranza dell’artista è quella di riuscire a trasmettere la forza del sogno e dell’invenzione, in grado di superare ogni ostacolo e portare speranza e luce anche in mezzo al dolore, alla sofferenza, alla guerra.
Scrive Beatrice : “ Il popolo vuole il POP ma soprattutto lo vuole Ali, convinto com’è che in questa sensibilità risieda il passaggio dell’arte da moderna a contemporanea, ovvero il frangente in cui l’arte non ha più timore di contaminarsi con la cultura e i mezzi di comunicazione di massa.” E’ un sapiente dosaggio di passato e presente, di tradizione e futuro, di colore e luce, di libertà e regole quello che si sprigiona nella sua arte, capace di evocare sulla tela la magia di un racconto infinito, ricco di echi e voci.
Questo viaggio nella modernità, nella pop art, si accompagna in Hassoun in un recupero continuo delle proprie radici e del passato : dai costumi africani tradizionali all’arte italiana. Una riscoperta delle proprie radici per poter guardare in profondità lo spirito umano, per penetrare dove l’ombra s’addensa e dove il mistero diventa più intrigante.
Come ricordano i registi Paolo e Vittorio Taviani : “ Per capire chi siamo oggi siamo convinti che si debba risalire sempre alle radici: andare e ritornare sempre, onde evitare di considerare l’esistente come realtà assoluta. Se uno vivesse solo nella contemporaneità, potrebbe avere la sensazione del caos: solo tornando indietro il caos si ricompone in un ordine con un suo senso, diventa un processo con una sua logica.” Anche Hassoun guarda al futuro, ma senza dimenticare il passato e la tradizione, pertanto il caos si ricompone in armonia, luoghi distanti si avvicinano, culture diverse si contaminano e fondono. La diversità delle composizioni sceniche è soltanto un mondo per raffigurare una realtà sempre più complessa e un mondo che appare, a volte, indecifrabile.
E’ bello anche il protagonismo femminile, le sue donne che disegnano un futuro da protagonista, su muri pieni di storia, arte e colori, dopo il crollo simbolico del muro di Berlino, un grigio muro di divisione e violenza. Le donne con i vestiti colorati disegnano altre storie colorate sui muri, con riferimenti al futurismo e a disegni pieni di vita e colore, come modi poetici per opporsi al gelo e al vuoto dei sentimenti, quello che troviamo nella vita contemporanea ed al quale allude anche lo splendido film di Sorrentino La grande bellezza. Vorrei chiudere queste note ricordando che Ali Hassoun ha disegnato il manifesto dell’edizione 2014 del Festival Sete Sòis Sete Luas ispirandosi ad un romanzo del grande scrittore portoghese Saramago La zattera di pietra ; c’è una frase di Saramago scritta per Viaggio in Portogallo che sembra descrive perfettamente le ragioni poetiche dell’arte di Hassoun “ Il viaggio non finisce mai, solo i viaggiatori finiscono, e anche loro possono prolungarsi in memoria, in ricordo in narrazione, quando il viaggiatore si è seduto sulla sabbia della spiaggia e ha detto : non c’è altro da vedere sapeva che non era vero. Bisogna vedere quel che non si è visto, vedere di nuovo quel che si è già visto, vedere in primavera quel che si è visto in estate, vedere di giorno quel che si è visto di notte, con il sole dove la prima volta pioveva, vedere le messi verdi, il frutto maturo, la pietra che ha cambiato posto, l’ombra che non c’era. Bisogna tornare sui passi già dati, per ripeterli, e per tracciarvi a fianco nuovi cammini.”
Tutta l’arte di Hassoun si muove in questa direzione, sulle ali del sogno e della memoria, i suoi quadri diventano frammenti di un grande mosaico che è la vita contemporanea, che include al suo interno la storia del Libano, dei popoli africani, la storia dell’arte italiana, le invenzioni moderne e tutto diventa immagine simbolo di pace e bellezza, un modo personale per opporsi al gelo dei sentimenti e reinventare, giorno dopo giorno, la poesia e l’amore. Riccardo Ferrucci